Diritto all’oblio e trattamento di dati idonei a identificare l’interessato effettuato nella rievocazione storica di fatti di cronaca giornalistica
Massimazione e Commenti ai Provvedimenti del Garante a cura dell’Osservatorio Privacy collegato con il Corso di Alta Formazione in Data Protection e Privacy Officer dell’Università di Bologna https://site.unibo.it/dpo
Massima (1) – Pur non potendosi porre in discussione, in termini di opportunità, la libertà di un quotidiano o di una rivista di procedere alla rievocazione storica di fatti ritenuti importanti in un determinato contesto sociale e territoriale, in quanto espressione della libertà di stampa e di informazione tutelata dalla Costituzione, occorre tuttavia verificare nei singoli casi, conformemente a quanto ribadito dalla Cassazione a Sezioni Unite (19681/2019), se “sussista o meno un interesse qualificato a che essa venga diffusa con riferimenti precisi alla persona che di quella vicenda fu protagonista in un passato più o meno remoto; perché l’identificazione personale, che rivestiva un sicuro interesse pubblico nel momento in cui il fatto avvenne, potrebbe divenire irrilevante, per i destinatari dell’informazione, una volta che il tempo sia trascorso e i fatti, anche se gravi, si siano sbiaditi nella memoria collettiva”.
Massima (2) – La diffusione dei dati identificativi dell’interessata, in occasione della pubblicazione di un nuovo articolo incentrato su una vicenda avvenuta diversi anni prima rispetto alla quale la medesima ha peraltro da tempo scontato la relativa pena, non appare, nel caso in esame, bilanciata da uno specifico interesse del pubblico ad avere conoscenza dell’identità dei protagonisti e si rivela pertanto un trattamento non necessario, oltreché lesivo del diritto di essa a dimenticare e ad essere dimenticata, tenuto conto del tempo decorso e delle limitate dimensione della località in cui la stessa vive.
Massima (3) – La rievocazione di fatti del passato che non presentino un collegamento con l’attualità, costituendo esplicazione di un’attività storiografica, non richiede, per esplicare la propria funzione, la rinnovata divulgazione dei dati identificativi dei protagonisti, a meno che, conformemente a quanto ribadito dalla Cassazione a Sezioni Unite (19681/2019), i fatti non riguardino “personaggi che hanno rivestito o rivestono tuttora un ruolo pubblico, ovvero fatti che per il loro stesso concreto svolgersi implichino il richiamo necessario ai nomi dei protagonisti”.
Massima (4) – Non può costituire una causa di giustificazione rispetto all’eccedenza informativa posta in essere la circostanza della presenza in rete di numerose informazioni riguardanti l’interessata – per la verità quasi tutte molto datate – posto che l’aliquid novi è costituito dalla ripubblicazione della notizia, ovvero da una rinnovata diffusione della stessa a distanza di un lasso di tempo particolarmente rilevante per finalità di rievocazione storica, peraltro amplificata dalla successiva divulgazione dell’articolo anche con altri mezzi.
Massima (5) – Al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 ss. e art. 102, comma 2, lett. a), del Codice) e sempre che si svolgano nel rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico (art. 6 delle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, pubblicate in G.U. 4 gennaio 2019, n. 3).
Provvedimento: GPDP, Docweb n. 9737121 del 16 dicembre 2021
Link: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9737121
Keywords: Diritto all’oblio, Giornalismo, Diritto di cronaca, Essenzialità dell’informazione, Interesse pubblico, Diffusione di dati identificativi, Identità dell’interessato, Rievocazione storica, attività storiografica.
Riferimenti normativi: Art. 17, artt. 136 ss. e art. 102, co. 2, lett.a), art. 5 , par. 1, lett. a), GDPR; Art. 21 Cost.; art. 2 della l. n. 69/1963 (Ordinamento della professione di giornalista; art. 6 delle “Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”; Art. 137, co. 6, Codice Privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
Data del commento: 29 giugno 2022
Massime e Commento di Viviana Corda
1. Il caso
Un sito web, denominato www.scenacriminis.it, pubblicava nell’ambito di una rassegna stampa che si occupava di “Omicidi avvenuti nel passato” un articolo rievocativo di una vicenda di cronaca locale risalente nel tempo, facendo riferimento in maniera specifica a dati personali ed identificativi dei protagonisti ed in particolar modo anche del percorso di studi, del paese di provenienza e della fotografie dell’interessata, identificandola, in maniera precisa, nella realtà locale nella quale la stessa risiedeva.
Ritenendo che tale rassegna non rientrasse nell’ambito di una rievocazione storica di un fatto accaduto nel passato bensì di una vera e propria rinnovata divulgazione della vicenda e ritenendo non vi fosse alcun interesse pubblico nella ripubblicazione dell’articolo in questione neppure dal punto di vista storiografico, l’interessata ricorreva al Garante dei dati personali al fine di veder tutelato il proprio diritto ad essere dimenticata ovvero il proprio diritto all’oblio in quanto prevalente sul diritto di cronaca e di rievocazione storiografica esercitato dal sito web in questione, soprattutto in riferimento alla rinnovata pubblicazione dei propri dati personali e identificativi a distanza di tempo dall’accaduto, al fine di poter vivere la propria vita e quella dei suoi familiari serenamente. L’interessata eccepiva l’illiceità della divulgazione di tutte quelle informazioni personali che non avessero alcun interesse pubblico ad essere divulgate nuovamente stante la specificità dei dati trattati e ripubblicati.
Il Garante per la protezione dei dati personali, in risposta al reclamo avanzato dall’interessata ai sensi dell’ art. 77 del Regolamento, viste e considerate le contestazioni sollevate dal titolare del trattamento dei dati personali ovvero del titolare del sito web, si è espresso in Collegio con nota del 16 dicembre 2021, doc. web 9737121 ora in commento, indirizzata al titolare del sito web quale titolare del trattamento, ordinando, tra l’altro, «la misura del divieto di ulteriore trattamento di dati e informazioni idonee a rendere l’interessata identificabile, eccettuata la mera conservazione degli stessi ai fini di un loro eventuale utilizzo in sede giudiziaria», con ammonizione ad «adeguarsi integralmente alle disposizioni previste in materia di trattamento dei dati in ambito giornalistico, con particolare riguardo alle misure da adottare per salvaguardare la riservatezza e la dignità degli interessati».
2. Le questioni
Le questioni sollevate dal caso ruotano attorno al delicato bilanciamento di due diritti fondamentali ma che spesso possono essere in contrasto tra loro: il diritto all’oblio e il diritto di rievocazione storica quale espressione della libertà di stampa e di informazione. In particolare, le questioni affrontate nel provvedimento in esame riguardano: (i) la possibilità o meno di identificare il soggetto a cui si riferiscono le informazioni rese in un articolo con cui si procede alla rievocazione storica di fatti di cronaca; (ii) i limiti posti a base della rievocazione storica.
L’esercizio congiunto dei predetti diritti deve essere, infatti, contemperato, da un equilibrio che vada, da un lato, a salvaguardare e proteggere, quando possibile, i dati personali degli interessati; dall’altro a salvaguardare il diritto di cronaca e il diritto all’informazione su vicende e fatti rilevanti che possano avere un determinato interesse pubblico.
2.1. La rievocazione storica quale espressione della libertà di stampa
Il Garante, con il provvedimento in esame, va ad affrontare preliminarmente la questione riguardante la rievocazione storica di fatti avvenuti nel passato, quale diritto rientrante nell’alveo della libertà di stampa.
La libertà di un quotidiano o di una rivista di procedere ad una rievocazione di fatti ritenuti importati in un determinato contesto o in una determinata epoca non può essere messa in discussione in quanto espressione della libertà di stampa e di informazione e perciò tutelata in base ai principi costituzionali del nostro ordinamento. Su tale tema – ed anche più di una volta – si è espressa la Corte di Cassazione a Sezione Unite, da ultimo con sent. n. 19681 del 2019, andando a delineare i confini tra l’esercizio del diritto di cronaca e il diritto alla rievocazione storica, confini che sono tracciati principalmente da due elementi essenziali: l’attualità della notizia e l’interesse pubblico a conoscere di quella notizia. Con la predetta sentenza, la Suprema Corte ha stabilito che «lo stesso termine “diritto di cronaca”, infatti, trae la propria etimologia dalla parola greca Κρόνος [Krònos], che significa, appunto, tempo; il che vuoi dire che si tratta di un diritto avente ad oggetto il racconto, con la stampa o altri mezzi di diffusione, di un qualcosa che attiene a quel tempo ed è, perciò, collegato con un determinato contesto. Ciò non esclude, naturalmente, che in relazione ad un evento del passato possano intervenire elementi nuovi tali per cui la notizia ritorni di attualità, di modo che diffonderla nel momento presente rappresenti ancora una manifestazione del diritto di cronaca (in tal senso già la sentenza n. 3679 del 1998); in assenza di questi elementi, però, tornare a diffondere una notizia del passato, anche se di sicura importanza in allora, costituisce esplicazione di un’attività storiografica che non può godere della stessa garanzia costituzionale che è prevista per il diritto di cronaca».
Ne deriva che simile rievocazione, a meno che non riguardi personaggi che hanno rivestito o rivestono tuttora un ruolo pubblico, ovvero fatti che per il loro stesso concreto svolgersi implichino il richiamo necessario ai nomi dei protagonisti, deve svolgersi in forma anonima, perché nessuna particolare utilità può trarre chi fruisce di quell’informazione dalla circostanza che siano individuati in modo preciso coloro i quali tali atti hanno compiuto. In altre parole, l’interesse alla conoscenza di un fatto, che costituisce manifestazione del diritto ad informare e ad essere informati non necessariamente implica la sussistenza di un analogo interesse alla conoscenza dell’identità della singola persona che quel fatto ha compiuto.
E proprio muovendosi da queste considerazioni della Corte di Cassazione che il provvedimento del Garante chiarisce che, con riguardo all’informazione resa in esercizio del diritto a procedere a rievocazione storica nell’ambito di attività storiografica o di rassegne stampa di fatti ritenuti importanti in un determinato contesto sociale e territoriale, in quanto esplicazione della libertà di stampa, occorre «verificare, per ogni singolo caso, se sussistano interessi qualificati a che essa venga diffusa con riferimenti precisi alla persona che di quella vicenda fu protagonista poiché l’identificazione personale, che a suo tempo rivestiva carattere di interesse pubblico, potrebbe essere irrilevante una volta che il tempo sia trascorso.
Né può rappresentare una causa di giustificazione la circostanza della presenza in rete di numerose informazioni riguardanti l’interessata poiché il fulcro della questione in oggetto è la rinnovata diffusione e divulgazione dell’articolo che è andata a ledere il diritto alla riservatezza e ad essere dimenticata dell’interessata che peraltro ha scontato la propria pena e ha diritto a vivere il resto della sua vita con dignità».
Il Garante ha cioè ritenuto che, ferma restando la libertà di stampa e il diritto di rievocazione storica e ferma restando la liceità di trattamenti effettuati per fini giornalistici, ancorché si svolgano senza il consenso degli interessati, non si possono e non si devono in alcun modo mettere a repentaglio i diritti, le libertà e la dignità delle persone coinvolte. Rievocare un fatto storico nell’ambito di una rassegna è, infatti, possibile e lecito, ma mancando l’interesse pubblico alla rinnovata divulgazione dei dati personali degli interessati – ovvero, l’esistenza di una specifica base giuridica per il trattamento così effettuato (come ad esempio il consenso dell’interessato) –, questa potrà avvenire, nell’ambito dell’esercizio della libertà di stampa, garantendo il diritto alla riservatezza e all’oblio dei protagonisti dell’evento storico. Nel caso contrario vi sarà una propria violazione dell’art 17 del GDPR, oltreché del codice deontologico dei giornalisti e delle disposizioni costituzionali poste a protezione dei diritti fondamentali qui in rilievo.
La rievocazione, quindi, per esplicare la propria funzione non necessita generalmente della rinnovata identificazione personale.
2.2. I limiti della rievocazione di vicende giornalistiche derivanti dal diritto all’oblio
La seconda questione affrontata dal Garante riguarda i limiti posti alla base della rievocazione storica. E il limite principale o, meglio ancora, la garanzia principale per gli interessati, quando coinvolti in una attività di rievocazione storica, è rappresentato dall’esercizio del diritto all’oblio e del diritto alla riservatezza. Il diritto all’oblio è risalente nel tempo, essendo stato oggetto di riflessioni dottrinali e pronunce giurisprudenziali ben prima dell’avvento di Internet, e rappresenta, in una delle sue principali accezioni, il diritto ad essere dimenticati, esercitabile ad nutum, senza motivazione e senza limitazione.
Al giorno d’oggi tale diritto sta assumendo un ruolo ancor più, se possibile, fondamentale: l’avvento dell’era digitale, la facile reperibilità di notizie di cronaca e di notizie online e la facilità con cui tali notizie possano divulgarsi, sottopongono gli interessati al rischio di non poter mai essere dimenticati e di trovarsi per lungo tempo sottoposti all’attenzione del pubblico, spesso ingiustificatamente.
In tale contesto si va ad inserire il provvedimento in esame, con cui il Garante, ancora una volta, è andato a confermare ed affermare l’importanza del diritto all’oblio in riferimento all’attività giornalistica di rievocazione storica. Posta la liceità di tale tipo di attività, soprattutto nell’ambito storiografico e di rassegne stampa, è necessario contemperare il diritto di rievocazione storica, esercitato tramite divulgazione storiografica, con il diritto alla riservatezza. Trattandosi in questi casi di divulgazione rinnovata di una vicenda, deve esservi necessariamente un bilanciamento derivante dall’interesse pubblico ad avere conoscenza dell’identità dei protagonisti. Qualora questo non vi sia, ma i dati personali vengano comunque divulgati indiscriminatamente, vi è la lesione del diritto all’oblio e della riservatezza dell’interessato. Un’attività storiografica infatti non necessita, per esplicare la propria funzione, della rinnovata divulgazione di dati identificativi dei protagonisti, che, ove nuovamente esposti, finirebbero per comportare un’inutile ed evitabile pregiudizio per i diritti fondamentali dell’interessato, incluso quello relativo alla riservatezza ed alla dignità, oltre che all’identità, affinché non sia travisata, soprattutto se a distanza di anni.
Il problema che viene a configurarsi è, dunque, quello del bilanciamento proporzionale tra diritto all’informazione del titolare del trattamento e i diritti della personalità dell’interessato. L’obiettivo si può raggiungere contestualizzando l’informazione e privandola di elementi identificativi dell’interesso, ove non necessari, senza giungere a cancellare la notizia che si vuole rievocare. Si tratta di operazione in cui vengono ad essere riscostruiti i confini dell’informazione da rendere, nell’ambito di uno scenario complessivo che vede l’identità come protagonista.
Il provvedimento del Garante chiarisce infatti che «la diffusione dei dati identificativi dell’interessata, in occasione della pubblicazione di un nuovo articolo incentrato su una vicenda avvenuta XX prima rispetto alla quale la medesima ha peraltro da tempo scontato la relativa pena, non appare, nel caso in esame, bilanciata da uno specifico interesse del pubblico ad avere conoscenza dell’identità dei protagonisti e si rivela pertanto un trattamento non necessario, oltreché lesivo del diritto di essa a dimenticare e ad essere dimenticata tenuto conto del tempo decorso e delle limitate dimensione della località in cui la stessa vive».
Viene quindi sancito il principio secondo il quale, nell’ambito di rievocazione storica, è fondamentale, in assenza di interesse pubblico, salvaguardare i diritti degli interessati nel trattamento dei dati personali attraverso l’esercizio del diritto all’oblio. L’interessato ha dunque il diritto di non restare indeterminatamente associato a vicende ormai da tempo esaurite. Ciò non significa che il diritto all’oblio debba essere, a prescindere, considerato prevalente rispetto al diritto di cronaca o a quello di rievocazione storica. Occorre effettuare, invece, un bilanciamento caso per caso, verificando se sussista o meno l’interesse pubblico a vedere divulgati nuovamente determinati dati personali, in difetto del quale la perduranza e la diffusione rinnovata delle notizie contenenti dati identificativi dei protagonisti (o comunque elementi idonei ad identificarli) andrebbero a configurare una lesione del diritto alla riservatezza e del diritto ad essere dimenticati, ovvero del diritto alla protezione dei dati personali, garantiti dal GDPR.
3. Precedenti
Risultano diversi precedenti relativi a provvedimenti sia del Garante sia dell’Autorità Giudiziaria sia della Corte di Giustizia dell’UE.
Con riguardo ai provvedimenti del Garante si segnalano, tra gli altri, i seguenti: (i) GPDP, Provv. del 25 marzo 2021, Docweb n. 9577346, su diritto all’oblio e sulla liceità della conservazione online di una notizia giornalistica non più attuale;
(ii) GDP, Provv. del 10 dicembre 2020, Docweb n. 9576141, relativo alla perdurante presenza in rete (segnatamente, all’interno di un blog), di articoli riguardanti vicende giudiziarie nelle quali è stato coinvolto l’interessato e riguardo alle quali è stato successivamente assolto con sentenza di “accertamento della insussistenza e/o della sua estraneità ai fatti oggetto di contestazione”;
(iii) GPDP, Provv. del 12 novembre 2020, Docweb n. 9520849, relativo alla richiesta di diritto all’oblio per notizie divulgate attraverso Internet nell’ambito di un’inchiesta giornalistica
(iii) GPDP, Provv. del 12 novembre 2020, Docweb n. 9521935, relativo alla richiesta di esercizio del diritto all’oblio quale deindicizzazione dal motore di ricerca Google
Con riferimento alle sentenze della Corte di Cassazione in tema di diritto all’oblio si ricordano le seguenti: Cass. civ., 5 aprile 2012, n. 5525; Cass. civ., 26 giugno 2013, n. 16111; Cass., Sez. Un., n. 19681 del 2019; nonché l’ordinanza interlocutoria del 20 marzo 2018, n. 6919.
Non si può non richiamare, da ultimo, anche l’orientamento della Corte di Giustizia dell’UE, espresso in materia di diritto all’oblio con la sentenza del 13 maggio 2014 sul caso Google Spain (causa C-1312).
4. Bibliografia
Sul diritto all’oblio si vedano, inter alia, i contributi di V. Cuffaro, Cancellare i dati personali. Dalla damnatio memoriaeal diritto all’oblio, in N. Zorzi Galgano (a cura di), Persona e mercato dei dati. Riflessioni sul GDPR, Milano, 2019, pp. 219 ss.; G. Finocchiaro, Diritto all’oblio e diritto di cronaca: una nuova luce su un problema antico, in Giustiziacivile.com, 2019, pp. 1 ss.; G. Resta-V. Zeno Zencovich (a cura di), Il diritto all’oblio dopo la sentenza Google Spain, Roma, 2015; G. Finocchiaro, ll diritto all’oblio nel quadro dei diritti della personalità, in Il diritto dell’informazione e dell’informatica, 2014, 4-5, pp. 591 ss.; I. Cardinali, Diritto all’oblio e attività giornalistica: lecita la conservazione nell’archivio online di una notizia anche se non più attuale (commento a GPDP, Docweb n. 9577346 del 25 marzo 2021), in Data Protection e Privacy Officer, 17 marzo 2022, https://www.dataprotection-privacy.it/?p=326. Si veda anche G. Cavallari, Il diritto all’oblio alla luce del Regolamento 2016/679, in Ius In Itinere, articolo del 10 giugno 2019, reperibile online all’url https://www.iusinitinere.it/il-dirittoalloblio-alla-luce-del-recente-regolamento-2016-679-20574 (consultato da ultimo in data 29 giugno 2022).
Massimazione e Commenti ai Provvedimenti del Garante a cura dell’Osservatorio Privacy collegato con il Corso di Alta Formazione in Data Protection e Privacy Officer dell’Università di Bologna https://site.unibo.it/dpo